ClubHouse – il rugby oltre il rugby
Verona e Rovigo: dove il rugby incontra la comunità
Nel rugby, c’è un tempo che non è regolato dal cronometro. È quello che arriva dopo la fatica, dopo il sudore, dopo il fischio finale. Un tempo fatto di parole, strette di mano, birre condivise e piatti fumanti. Quel tempo ha una casa, e si chiama clubhouse.
Lo abbiamo raccontato con Calvisano e Viadana, due città che hanno vissuto da protagoniste il World Rugby U20 Championship 2025, e dove la clubhouse è molto più di un locale: è un luogo della memoria, dell’identità e della relazione. Ma lo stesso spirito vive anche a Verona e a Rovigo, le altre due sedi del Mondiale. Due realtà diverse, con storie e stili propri, ma unite dalla stessa idea: che il rugby, prima ancora che uno sport, sia un modo di stare insieme.
VERONA RUGBY
La casa di tutte le anime del club
Il rugby a Verona si è ritagliato, negli ultimi anni, uno spazio sempre più importante. E la Clubhouse ne è stata il baricentro, fin dal primo giorno. Leonardo Quintieri, atleta e allenatore, ne conserva un ricordo nitido: «Il mio primo contatto con la Clubhouse è legato all’esordio in TOP12: la vittoria in casa contro la Lazio, lo stadio pieno, l’inaugurazione dell’impianto… È stato un impatto bellissimo».
A Verona, la Clubhouse non è solo il cuore pulsante della prima squadra, ma è anche un ponte tra tutte le anime del club: mini rugby, Under, Accademia, staff, genitori e tifosi. Un luogo che segna il tempo che passa, ma anche quello che si costruisce insieme.
«Ogni anno – racconta Quintieri – presentiamo qui tutte le squadre, è un momento simbolico, che unisce tutto il club. È importante che i ragazzi imparino il valore del terzo tempo e della Clubhouse, anche perché è lì che si creano i legami più duraturi, quelli che vanno oltre il campo».
Il rugby, a Verona, si vive anche nella ritualità di ciò che accade dopo la partita: mangiare con gli avversari, ridere con i compagni, rivedere l’azione più bella o la meta mancata davanti a un piatto di pasta.
«Anche chi non conosce il rugby sa che il terzo tempo è sacro. È un momento che ti insegna a stare insieme e a conoscere l’altro, anche se un attimo prima ti stava placcando».
E in questo, la Clubhouse diventa molto più di un semplice locale: è la palestra sociale in cui si allenano lo spirito di gruppo e la cultura del rispetto. A ogni età.
FEMI CZ-ROVIGO
La Clubhouse come rito, famiglia e memoria
Se Verona è la casa costruita sul futuro, Rovigo è quella fondata sulla storia. Qui il rugby è identità territoriale, rito collettivo, orgoglio condiviso. E la Clubhouse è il punto d’incontro di tutto questo. Perché, come dice Fabrizio Aggio, ex giocatore, volontario e tifoso da sempre: «La Clubhouse è nata nel 1990-91. Avevo sei anni. Da allora è il punto focale del campo. Qui a Rovigo, dove il rugby è una cosa seria, ci si ritrova sempre: per la birra, per la musica, per le foto, per stare insieme».
La struttura ha visto passare generazioni di giocatori, tifosi e campioni: «Avevo 9 anni – ricorda Fabrizio – il pallone era finito sul tetto della Clubhouse. AJ Venter, il flanker degli Springboks che allora giocava a Rovigo, mi ha preso in braccio e me lo ha fatto recuperare. Una scena da film!».
Ma la vera forza della Clubhouse rodigina è nella costanza. Chi la frequenta, giorno dopo giorno, diventa parte di una famiglia. Non è il rapporto classico tra cliente e gestore, è qualcosa di più: «Quando ti alleni quattro giorni a settimana, le persone che lavorano lì diventano amici, confidenti, quasi educatori – conclude Aggio – Fausto, che oggi la gestisce, per me è come un fratello maggiore».
È questo senso di appartenenza che rende la Clubhouse di Rovigo un punto di riferimento per tutti, un luogo dove la squadra si ritrova anche fuori dagli schemi e dalle formazioni. Dove si festeggia, si discute, si ride e ci si consola.
Il rugby si gioca anche qui
Nel corso del World Rugby U20 Championship, Verona e Rovigo hanno ospitato alcune delle sfide più belle e intense del torneo. Ma fuori dal campo, si è giocata un’altra partita – silenziosa, quotidiana, autentica – nelle loro Clubhouse.
Luoghi in cui non serve una palla ovale per sentirsi parte di qualcosa. Dove si accorciano le distanze, si allungano le serate, e si cementano legami che resistono alle stagioni e alle categorie.
Storie di Clubhouse non finisce qui. Ma ogni volta che si alza un bicchiere, che si passa una teglia di lasagne, o che si racconta una meta davanti a un panino caldo, si aggiunge un nuovo capitolo.
Che sia a Calvisano, Viadana, Verona o Rovigo, il rugby italiano ha trovato – e continua a trovare – il suo cuore lì.
Lì dove si mangia, si beve, si ride. E si vive insieme.
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